LADRI DI LIBERTA'
Se vivessimo in un paese normale la notizia sarebbe data in apertura in tutti i telegiornali e occuperebbe a caratteri cubitali le prime pagine dei quotidiani, oltre a riempire i talk show televisivi.
Siccome viviamo, tuttavia, in un paese in cui, con lucida e perfida manipolazione, sono state anestetizzate le menti e le coscienze, la notizia è passata quasi inosservata come un normale e anonimo caso di cronaca giudiziaria da ladri di polli.
Altro che ladri di polli invece, perché il caso riguarda sì un furto ma un furto di libertà.
Tutto scritto nero su bianco dal Giudice del Tribunale penale di Pisa nella sentenza n.1842 emessa il 17 febbraio: lo stato di emergenza sanitaria proclamato e più volte prorogato dal governo italiano con la complicità del Comitato Tecnico Scientifico è illegittimo e incostituzionale e sono illegittimi tutti i provvedimenti restrittivi della libertà che ne sono conseguiti fino ad oggi.
Altro che Conte e Draghi, altro che Mattarella-uno e Mattarella-bis, altro che tecnici e “migliori”, se siamo ancora in uno Stato di diritto, dove in primis si rispetta la Costituzione, questa è l'unica voce che dovrebbe ascoltarsi coprendo con un velo pietoso di vergogna quella di tutti quei guitti da circo che ogni giorno da due anni infestano le nostre giornate e i palinsesti televisivi.
E non ci sono giri di parole, sofismi o tecnicismi, ma la esemplare spiegazione di come le libertà costituzionali e i diritti fondamentali sono stati scientemente calpestati in un gigantesco abuso di potere, une vero e proprio stalking sanitario reiterato e continuato: “l’ordinamento costituzionale italiano non contempla ne’ lo stato di eccezione, ne’ lo stato di emergenza al di fuori dello stato di guerra” e la “la situazione causata dal Covid non e’ giuridicamente assimilabile allo stato di guerra“. “la tutela della salute pubblica e della pubblica sicurezza non puo’ ingigantirsi a tal punto da tiranneggiare la protezione di altri diritti di pari natura costituzionale”. «Le disposizioni normative poste alla base della dichiarazione dello stato di emergenza del 31.01.2020 nulla hanno a che vedere con situazioni di “rischio sanitario”» «la delibera dichiarativa dello stato di emergenza adottata dal Consiglio dei Ministri il 31.1.2020 è illegittima per essere stata emanata in assenza dei presupposti legislativi, in quanto non è rinvenibile alcuna fonte avente forza di legge, ordinaria o costituzionale, che attribuisca al Consiglio dei Ministri il potere di dichiarare Io stato di emergenza per rischio sanitario».
Parimenti illegittimi sono, pertanto, tutti i provvedimenti restrittivi che ne sono conseguiti: «Con il susseguirsi di decreti legge e Dpcm, si è assistito all’introduzione di sempre più stringenti restrizioni e limitazioni nell’esercizio delle libertà e dei diritti fondamentali, fino ad arrivare ad incidere sul diritto al lavoro e ad un’equa retribuzione, con violazione dell’art. 36 Cost, il quale riconosce al lavoratore il diritto ad una retribuzione sufficiente ad assicurare a sé ed alla propria famiglia una esistenza libera e dignitosa”.
Infine, il monito del Giudice riguardo alla scadenza dello stato di emergenza fissata al 31.03.2022 superata la quale non dovranno più esistere limitazioni e restrizioni sotto nessuna forma: "Nel momento in cui viene meno lo stato di emergenza, i diritti e le libertà fondamentali debbono riespandersi nel loro alveo originale, poiché la compressione degli stessi ha raggiunto e superato il limite massimo di tollerabilità; compressione che non può ulteriormente protrarsi, né a tempo predeterminato, né, a maggior ragione, ad libitum, attraverso continui e reiterati prolungamenti di operatività".
Quello che si è perpetrato, quindi, è un vero attentato alla Costituzione, e se la sentenza di primo grado dovesse essere confermata anche nei successivi gradi di giudizio, tutti gli autori di questo scempio dovrebbero non solo dimettersi ma anche andare a nascondersi per sempre.
Ridicolo e grottesco il pochissimo spazio che i soliti noti dei media asserviti ai diktat governativi hanno riservato alla notizia della sentenza che, invece, nella sua dirompenza e nella sua illuminante portata dovrebbe essere affissa in tutti i tribunali accanto alla bandiera tricolore.
Ugo Antani
