"I MIEI SOGNI D’ANARCHIA"
C’è stato chi nella storia della musica italiana, festival di Sanremo compreso, ha davvero dimostrato come con il proprio genio artistico si possa davvero lanciare messaggi rivoluzionari ed opporsi al conformismo sociale e musicale. E’ certamente il caso del maestro Rino Gaetano il quale il suo essere contro il sistema, contro il conformismo dei suoi tempi, contro i centri di potere della politica, della società e della musica lo ha pagato a caro prezzo. Oggi invece guardi Achille Lauro, burattino telecomandato da produttori musicali, agenti ed esperti di media e marketing, e incroci il vuoto assoluto, ove del genio non vi è traccia e tutta la messa in scena risponde in maniera perfino noiosa e scontata ad un avvilente conformismo. Infatti, quello che ci viene spacciato come una trasgressiva e innovativa manifestazione artistica, in realtà non ha nulla né di trasgressivo né di artistico, ma è qualcosa di banale che nel mondo dell’arte e della musica è già vecchio, già sperimentato, già ampiamente superato. Le immagini sacre profanate e deturpate sono cosa vetusta e obsoleta, basti pensare a Madonna che già nel 2006 lanciò la provocazione del crocifisso per promuovere l’album “Confessions Tour”, così come pure i videoclip degli artisti pop e rock soprattutto nell’industria musicale americana degli ultimi anni utilizzano in modo perfino ossessivo raffigurazioni simboliche blasfeme e sataniche, e l’immagine di Gesù Cristo ormai è stata raffigurata in tutti i modi possibili: omosessuale, musulmano, squartato, decomposto, bucherellato, e anche del crocifisso si sono fatti gli utilizzi più disparati e provocatori. Anche i baci omosessuali, i messaggi fluid gender, gli ammiccamenti al mondo Lgbt, suonano ormai come una campana vecchia e stonata, specchio di un conformismo delle idee che ormai più che colpire rimbalza e torna indietro. Quanto poi alla carrellata di travestimenti, certamente appariscenti ma privi di un vero tema artistico di fondo, appare davvero arduo cogliervi qualcosa di anticonformistico e innovativo, a meno che non si voglia reputare di pregio artistico scimmiottare un po' a casaccio David Bowie, Marylin Manson o, per restare in Italia, un Renato Zero d’annata. Ciò che emerge invece è più che altro la pochezza artistica di chi per un briciolo di notorietà si venderebbe anche l’anima, ricorrendo a provocazioni tanto scontate negli intenti speculativi, quanto vuote di qualsiasi contenuto di reale innovazione e trasgressione sul piano iconografico e musicale. Rino Gaetano cantava “mio fratello è figlio unico” e lui figlio unico lo era davvero, mentre questi sono soltanto figli di buona donna. Quindi caro Rino, guida e maestro nostro, tu che hai messo in musica i tuoi “sogni d’anarchia”, tu che oggi li guardi dall’alto, abbi pietà di loro e perdonali perché non sanno quello che fanno.
Ugo Antani
