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FacciaLIBRI * "NON INVANO" IL NUOVO LIBRO DI GIOVANNI LINDO FERRETTI

Aggiornamento: 1 ago 2020

E’ uscito nel mese di giugno “Non invano” il quarto libro di Giovanni

Lindo Ferretti, cantautore e scrittore, ex rocker dei CCCP e dei CSI. Il libro segue "Reduce" (del 2006), "Bella gente d'appennino" (del 2009) e "Barbarico" (del 2013).

Radicamento, comunità e valore delle tradizioni sono al centro del nuovo lavoro, in continuità con un tema ed uno sfondo che il cantore romagnolo ha abbracciato da anni, da quando dopo avere girovagato a lungo, passando per Berlino e per la Mongolia, è tornato a vivere a Cerreto Alpi, un paese di un centinaio di abitanti sugli Appennini vicino al luogo in cui è nato, circondato dai suoi amati cavalli e in isolamento quasi monastico.

D’altronde lo stravolgimento del suo passaggio da rocker filo-sovietico e bestemmiatore di professione a cantore della gloria di Dio e seguace dei dettami di Papa Ratzinger non desta affatto stupore per un anima che è sempre stata in permanente rivoluzione esattamente come “la terra in permanente rivoluzione” di cui egli stesso cantava in “Tabula Rasa Elettrifica” ai tempi dei CSI.

Lo stesso Ferretti anche negli anni 80 ai tempi dell’infatuazione per l’Islam e dell’ateismo bolscevico di “Ortodossia”, si è sempre professato in fondo profondamente religioso “Io ad ogni modo sono religiosissimo. Se mi aspetto che qualcuno mi dica qualcosa me l’aspetto da un uomo di religione, non me l’aspetto da un altro. Gli altri, ci ho pensato, non hanno niente da dirmi”.

Nel nuovo libro ci sono riflessioni sul passato e spunti inquieti sul futuro che non può prescindere dalla conservazione delle radici e dei valori della tradizione, mentre non c’è molta politica se non di contorno, perché come lui stesso spiega “il voto è una scelta mutevole e funzionale alla realtà, non una religione”.

Il nucleo primario della famiglia e della comunità per combattere ed evitare lo “sradicamento” collettivo che già sarebbe in atto a opera della società digitalizzata, anestetizzata al male, “senza confini”, in nome di una promessa di benessere fittizia, ingannevole e fallace che rende l’uomo di oggi un mero “produttore consumatore utente, in uno spazio tecnologico in cui la connessione riduce il tempo a una perenne consecuzione di immediatezza, sradicato da ogni contesto storico e geografico

Proprio quell’attaccamento alle radici che Ferretti ha ritrovato e di nuovo accarezzato sui monti in cui è tornato a vivere, perché è proprio in quei luoghi che si riscoprono e si apprezzano i valori che la nostra civiltà sta invece rinnegando, gli usi, i costumi, la lingua, le modalità dell’essere e del vivere, oltre alla fede nella religione cristiana ritenuto l’ultimo baluardo in un mondo (si presume si riferisca al mondo occidentale) ormai completamente “schiavo” della ragione.

Risalire l’Appennino in un giorno feriale concede la percezione del collasso di una civiltà, abitarlo permette di affinare lo sguardo sul “non invano” di ciò che ci ha preceduto”.

“Non è una opzione ideale, non corrisponde ad uno stimolo sociale, è una necessità carnale e materica riflessa nel paesaggio, scolpita e dipinta, assemblata nelle architetture rurali, civili e religiose. Nutrita di letteratura, di silenzio e di preghiera. E quando niente torna è inutile negarlo. Il passato è ciò che posseggo, il presente è il tempo che mi è concesso, il futuro arriva e mi troverà comunque impreparato. Il mio aiuto, la mia sola forza, sta nell’essere radicato. Una famiglia, una comunità, una terra, una lingua, una religione. Usanze, costumi, modalità dell’essere e dei comportamenti. E tutto sta finendo. Moribondo, quando non già morto”.

Ugo Antani




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