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ABUSO DI PODERE

Annunciato a reti unificate nel corso di una delle tante puntate della telenovela “Il Decreto” di Giuseppe Conte e accompagnato dalle lacrime del Ministro Bellanova, il mirabile provvedimento di sanatoria di 600.000 braccianti agricoli non regolari (ergo clandestini), ha ottenuto l’unico risultato che poteva ottenere, ovvero il nulla assoluto.

Da oggi “gli invisibili, saranno meno invisibili” affermò piangente il Ministro della zappa e del rastrello in diretta televisiva.

Alla resa dei conti il risultato ottenuto è che gli invisibili (clandestini) continueranno a rimanere invisibili e quei pochi che usciranno dalla invisibilità e si paleseranno ai nostri occhi continueranno a lavorare in nero come schiavi e vittime dei caporali.​

La tanto sbandierata norma, secondo l'esecutivo giallo-rosso-covid, avrebbe dovuto contrastare il caporalato e il lavoro nero, risolvendo nel contempo il problema della carenza di manodopera nei campi.

Ebbene, numeri alla mano, l’agognata regolarizzazione non ha suscitato l’interesse neppure degli stessi invisibili che si volevano tutelare, tant’è vero solo 9.500 dei 220.000 irregolari ne hanno fatto richiesta.

Inoltre, il disastro, prevedibile, è reso ancora più beffardo dal fatto che la regolarizzazione non è gratuita ma ha un costo di 500 euro che ovviamente i clandestini non sono in grado di sostenere e che gli imprenditori agricoli non hanno alcun obbligo e alcun interesse di anticipare.

Una norma quindi non solo demagogica e figlia di una esasperata ideologia ma anche perfettamente inutile.

Eppure basta ricordare che se lo scopo (apprezzabile) è quello di combattere il caporalato e lo sfruttamento del lavoro nero nei campi, esiste già dal 2016 una legge ad hoc, la Legge 199/2016, che contiene norme sul contrasto al lavoro nero, sfruttamento del lavoro e “allineamento retributivo” rispetto ai contratti nazionali dei settori del lavoro agricolo e edile.

Basterebbe quindi applicare le leggi che già esistono invece di inseguire ideologie di ultrasinistra che non possono che condurre ad esiti grotteschi e disastrosi come quello che abbiamo visto.

E’ vero che il caporalato è una piaga sociale ma è altrettanto vero che non tutti gli agricoltori sono evasori, schiavisti, sfruttatori e padroni senza scrupoli e che il caporalato non riguarda solo gli extracomunitari e i clandestini ma anche tanti italiani o immigrati già regolari, che sono costretti a spezzarsi la schiena nei campi per pochi euro all’ora senza coperture contributive e senza tutela sanitaria e assicurativa, visibili sì ma pur sempre schiavizzati.

Non bisogna essere geni per capire che la concessione di un permesso di soggiorno agli immigrati irregolari non serve a combattere e ridurre il lavoro nero perché, anzi, così facendo si fa in modo che il migrante una volta regolarizzato possa continuare a svolgere lavoro in nero ed essere oggetto di sfruttamento

La soluzione è invece applicare la normativa già esistente, rafforzando le attività ispettive, conferendo maggiori poteri alle autorità di controllo in modo da individuare e colpire gli sfruttatori del lavoro nero, ricostruendo all’indietro tutta la catena di produzione e distribuzione partendo dal banco di frutta del mercato o del negozio fino a risalire al campo e all’albero dove quella frutta è stata raccolta dalle braccia del lavoratore in nero. ​ ​

Purtroppo quando i provvedimenti sono dettati soltanto dalla pura demagogia il risultato, al di là delle lacrime di scena, non può che essere sconfortante, e le lacrime ora dovrebbero fluire per la presa d’atto della sua perfetta inutilità.

I pulmini dei caporali stipati di braccianti in nero continueranno a partire ogni mattina, le baraccopoli con i braccianti segregati resteranno tali, aumenteranno gli schiavi delle campagne, magari avranno in mano il bel permesso di soggiorno della Bellanova, ma pur sempre sfruttati e senza diritti.

Ugo Antani


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